TeLOS: 5 Marzo, corteo a Saronno

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Per me la lotta contro il potere, anche nelle sue forme più sottili, più interiorizzate, è l’unica strada per conquistare la gioia reale di vivere, di amare, di giocare. […] E’ essenziale comunque gettare tutta la propria passione nella continua ricerca di una condotta che spacchi l’esistente, di una condotta che ti permetta di giocare con i ruoli e su di essi (contro di essi) senza mai accettarne la corazza. Non ci si può identificare in null’altro che non sia il nostro processo di negazione (del valore in processo, cioè del capitale). Non sempre ci riesco, ma il mio sforzo massimo e quotidiano è proprio per giocare sui ruoli, sapendo alla peggio subire, ma mai accettando l’esistente e le sue imposizioni.
Riccardo d’Este

Dallo sgombero nel settembre 2014 della sede storica del Telos – quella in via Milano – a Saronno la lotta per avere uno spazio occupato e autogestito ha subito un’accelerata: in questo anno e mezzo numerose sono state le occupazioni, temporanee o meno, e sempre a distanza di qualche settimana sono seguiti altrettanti sgomberi.
A Saronno si parla di occupazione e di autogestione da ormai 9 anni, quando nel 2007 venne preso per la prima volta un Telos, in via Galli, esperienza che durò solo tre giorni ma gettò le basi per gli eventi futuri a tutti ben noti.
In provincia sono diverse le esperienze che negli anni hanno portato avanti la lotta per avere uno spazio occupato in cui sperimentare un modo altro di stare insieme, dall’esperienza quarantennale a Tradate alle più recenti a Gallarate e Como. Esperienze diverse tra loro, ma accomunate dalla risolutezza nel mettere in pratica le idee che ci albergano in cuore.
Da sempre abbiamo voluto inserire la lotta per avere un Telos a Saronno all’interno del nostro pensare e della nostra azione, ciò ci ha portato ad agire per cercare di modificare la realtà e il limite del possibile senza cercare alcuna legittimazione da parte del potere, politico o poliziesco, e senza coltivare il nostro orticello in cambio di una innocuità e una passività che sono ciò di cui si nutre lo stato di cose presenti. Ogni occupazione è stata un lancio nel vuoto, un perdersi e uno scoprirsi, un’avventura emozionante a partire dai nostri bisogni e dai nostri desideri.
Non quindi un’occupazione come protesta, ma un’occupazione in rivolta; non per fornire quei servizi che questa società allo sbando garantisce sempre meno, ma per affinare la critica, l’analisi e l’azione rivoluzionaria, per riuscire ad immaginare un modo altro di stare insieme.
Saronno non ha quasi più spazio edificabile, lo sfitto è in aumento insieme al numero degli sfratti, respiriamo aria di merda e l’acqua del Lura, quando c’è, rispecchia la qualità della nostra vita.
Viviamo in una delle zone più inquinate d’Europa eppure stiamo subendo una serie di nuove grandi opere che renderanno il nostro territorio ancora più disastrato: Varesina bis, Pedemontana e opere connesse come la bretella che passerà da Ceriano Laghetto; in più nuovi progetti di altre tangenziali esterne, gli scarichi in deroga nell’Olona che lo rendono schiumoso e avvelenato, la qualità dei pozzi da cui peschiamo l’acqua che beviamo e che usiamo quotidianamente e altro ancora.
Nel frattempo in provincia si susseguono incidenti sul lavoro dovuti alle condizioni sempre più precarie: salari ridotti all’osso, freddo siberiano nelle ditte, ricattabilità.
Tutto questo rende tragicamente attuale il detto: di lavoro si muore. Gli studenti vengono sempre più imboccati di nozioni per diventare quanto prima produttivi e castrati di ogni pecularietà individuale che non sia mercificabile.
20160305_corteo_TeLOSChi si definisce soddisfatto della propria vita?
Ma statene certi, dipingeranno sempre e comunque noi, gli stranieri e i poveri cristi come il problema di cui liberarsi, il nemico interno contro cui fare fronte comune, in nome della Nazione, della Patria. Si stanno già attrezzando rispolverando all’evenienza gruppi di picchiatori fascisti per fare rispettare il loro ordine, quello del dogma della Legge e del Denaro.
La ricerca del mostro e del nemico ricorda quella avvenuta in Europa qualche secolo fa, tra il 1600 e il 1800, con la nascita della proprietà privata per come la conosciamo oggi, con le enclosures, quando si venne a creare una massa di poveracci senza terra da schiavizzare nelle colonie e nelle città, in un momento di forte riassestamento e con forti tensioni sociali:
Dagli albori dell’espansione coloniale inglese all’inizio del Seicento, fino all’industrializzazione metropolitana del primo Ottocento, la classe dominante ricorse al mito della lotta tra Ercole e l’idra per raffigurare le difficoltà incontrate nell’imporre l’ordine su sistemi di forza-lavoro sempre più globali. Attribuirono variamente a commoners (gente comune espropriata dell’uso di beni comuni, i commons), criminali deportati, servi a contratto, religiosi radicali, manovali, soldati, marinai e schiavi africani, la natura di altrettante teste, innumerevoli e in continua mutazione, del mostro. Ma quelle teste, benchè originariamente introdotte nelle strutture produttive proprio dai loro erculei padroni, presto svilupparono al loro interno nuove forme di cooperazione, contro quei padroni: dall’ammutinamento e dallo sciopero alla sommossa, all’insurrezione, alla rivoluzione.
Peter Linebaugh – Marcus Rediker, I ribelli dell’Atlantico, la storia perduta di un’utopia libertaria
Eppure, di fronte alla catastrofe quotidiana, è difficile sentire levarsi una voce: il sentire è indirizzato e manipolato dalla propaganda, e così la frustrazione per una vita di merda viene facilmente convogliata verso chi sta sotto di noi: lo straniero, l’indigente sotto sfratto, il disoccupato che ruba al supermercato. Parlare oggi di legalità e non violenza è fare demagogia perché la guerra sociale è in atto ed è tutta a sfavore della fetta di popolazione più povera.
Sarebbe fare violenza su noi stessi accettare la vita di merda che ci hanno servito.
Le città sono sempre più escludenti, campano in funzione del profitto e dell’agio di pochi.
Le strade deserte vengono videosorvegliate dal Grande Fratello, i poveri aumentano, il malcontento si tocca con mano e ovviamente nessun tentativo di rivolta è tollerato; al contrario la depressione è del tutto parte di questa società. Ma vogliamo davvero deprimere la nostra vita?
Noi, che siamo convinti di avere questa sola vita, siamo sicuri, mettendoci insieme, di poter cambiare lo stato di cose presenti, di poter camminare sulla testa dei re. Noi in una città abbiamo altre geografie rispetto a quelle del potere e del denaro, ricerchiamo la solidarietà e la complicità tra sfruttati, soffiamo sul fuoco quando questo si accende, resistiamo e cerchiamo di aumentare la forza di chi rema contro la corrente qui e ora.
Scenderemo in piazza per tutti questi motivi, decisi a proseguire sulla rotta tracciata verso l’ignoto, a partire da uno spazio occupato a Saronno, malgrado l’infame politica e le attenzioni della Questura. Uno spazio in cui cospirare, cioè respirare insieme.

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