Torino – Occupazione ex cine Zeta – Comunicato sul processo

  Torino – Occupazione ex cine Zeta – Comunicato sul processo


Occupazione ex cine Zeta. Comunicato sul processo

Torino. Il 2 maggio inizia il processo per l’occupazione dell’ex Cinema Zeta. Alla sbarra quattro anarchici accusati di “invasione di edificio” e danneggiamenti. Il PM, manco a dirlo è Antonio Rinaudo, noto cacciatore di anarchici.

Facciamo un passo indietro. Era il 10 dicembre del 2009: alle sei del mattino, l’ora degli sgomberi, Digos e agenti in assetto antisommossa buttano giù la porta di Cà Neira, lo stabile di via Zandonai occupato domenica 6 dicembre dalla FAI torinese.

Nel pomeriggio, in risposta allo sgombero del mattino, viene occupato l’ex cinema Zeta di via Colleasca, Cà Neira 2.

Dopo poco meno di due ore la polizia interviene in forze con digos e celere in tenuta antisommossa: in quaranta contro quattro compagni, mentre all’esterno si raccolgono numerosi solidali. Danneggiando gravemente la saracinesca di ingresso, la polizia fa immediatamente irruzione. Tre compagni vengono tirati giù dal tetto, poi tocca ad una compagna, che si era incatenata ad una finestra. I quattro compagni vengono fermati, perquisiti, portati in questura.

Non si può dire che a Cà Neira questo sgombero fosse giunto inatteso. L’intervento della polizia era stato preceduto da una pesantissima campagna di criminalizzazione. Media e politici si sono scatenati sin dal primo giorno per cercare – senza troppo successo – di creare allarme sociale intorno all’occupazione di via Zandonai. Molti abitanti del quartiere ci avevano mostrato solidarietà e simpatia, in qualche caso condivisione. Molti consideravano una vergogna che il vecchio prefabbricato fosse abbandonato al degrado e all’incuria ed hanno apprezzato che qualcuno, rimboccandosi le maniche, lo stesse ristrutturando per renderlo agibile.

A Cà Neira 2, ex cinema porno chiuso da lunghi anni, per la prima volta a Torino la questura ha mandato la celere in assetto antisommossa a sgomberare un posto occupato da poco più di un’ora e mezza. È probabile che la scelta di occupare un altro edificio lo stesso giorno che siamo stati sgomberati li abbia innervositi un po’.

Due anni dopo parte il processo. La repressione è la risposta alle lotte sociali, la risposta a chi pratica il riutilizzo degli spazi abbandonati in una città, dove le vetrine di Chiampa City non sono mai riuscite e a far dimenticare che troppi non ce la fanno ad arrivare a fine mese.

Due anni fa la dialettica politica tra governo e opposizione si articolava sulle occupazioni, autentica spina nel fianco della Torino “always on move”.

Le occupazioni pongono sotto gli occhi di tutti la questione del modello di società. Gli sgomberi che hanno segnato quell’autunno, voluti dal sindaco Chiamparino in accordo con la destra cittadina più razzista, sono stati anche la risposta alla forte campagna antirazzista che impegnava da oltre un anno e mezzo il movimento anarchico torinese.

Destra e sinistra unite per cancellare posti e case occupate, perché, non a torto, li considerano luoghi dove si praticano la sovversione sociale e la solidarietà con gli ultimi.

Nella desolazione sociale e politica in cui viviamo, le case occupate sono un luogo di incontro non mercificato dove praticare e organizzare opposizione sociale. È indubbio che tutto questo infastidisca, perché la maschera di belletto, che si vuole continuare a dare alla città, non può nascondere la realtà: una città dove migliaia di persone rischiano di restare senza casa, perché non ce la fanno a pagare il fitto o il mutuo. La gente viene gettata in strada mentre oltre 150.000 appartamenti sono vuoti.

La crisi economica scava un solco sempre più profondo tra la città dei ricchi, circa il 20% della popolazione, e tutti gli altri, spingendo ampi settori di piccola borghesia e di operai della grande industria verso il basso della scala sociale. Il lavoro è sempre più “precario” ed il modello è sempre quello iperconsumistico della città vetrina, dove i più sono mere comparse dell’evento stesso del consumo e degli “spettacoli” messi in cantiere in continuazione.

Le occupazioni fanno bene al corpo della città: con esse vengono proposti spazi liberati da ogni sfruttamento, gerarchia, consumismo.

A Torino tra militari nelle strade, check point razzisti e morti sul lavoro, la scommessa è sempre la stessa. Costruire, con pazienza, una trama di relazioni solidali, che attraversino le nostre periferie, azzannate dalla crisi e stritolate dalla guerra tra poveri, perché l’opposizione sociale si radichi e si radicalizzi, non in occasionali fiammate, ma nella quotidianità di un conflitto che ri-ponga al centro la questione sociale.

Le case occupate sono esempi concreti che dicono quanto nudo sia il re: per questo danno tanto fastidio ed è per questo che è importante liberare altri posti ed offrirli come occasione a tutti coloro che ci vivono intorno: a coloro che hanno un lavoro precario o non ce l’hanno; a chi non riesce a mandare i figli all’asilo; a chi non riesce ad arrivare a fine mese; a tutti coloro che pensano che questa città non sia un teatrino “sempre in movimento”, luccicante e artificiale, ma il posto dove vivere la propria vita diffondendo il virus invincibile della libertà.

Il 2 maggio comincia il processo agli anarchici di Cà Neira. Per chi volesse assistervi l’appuntamento è al tribunale – corso Vittorio 130 – alle 9, aula 55 ingresso 22

Per info e contatti:

Federazione Anarchica Torino

Corso Palermo 46 – ogni giovedì dalle 21

338 6594361

fai_to [at] inrete [dot] it

http://piemonte.indymedia.org/article/12444

Federazione Anarchica Torino