Venezia

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Venerdì 15 dicembre dalle 16,30 un corteo non autorizzato ha percorso la città di Venezia partendo da Campo S.Geremia arrivando a Campo S.Margherita, passando da Strada Nuova, Rialto e Campo S.Stefano.

Una sessantina di compagni dell’area anarchica, comunista e individui solidali hanno attraversato la città distribuendo e affiggendo volantini contro gi sgomberi delle case occupate, contro gli sfratti, contro gli affitti da strozzinaggio e contro la praticha di allontanamento della popolazione a Venezia.

La Polizia colta di sorpresa non ha potuto fare altro che seguire ? appoggiati da qualche caramba e vigilazzo ? in numero esiguo e rassegnato lo svolgersi della manifestazione che tranquillamente si è fermata lungo il percorso permettendosi piccoli comizi tra i passanti, distribuzione di volantini e affissioni murarie. Questa è stata un’iniziativa non mediata con nessuno ? giornalisti, Polizia, amministratori e forze politiche istituzionali… ? rispecchiando invece la singolarità e la diversità che aveva caratterizzato l’occupazione alla Giudecca: rifiuto di contrattare le proprie scelte e i propri bisogni, rompere la pratica collaborativa con i responsabii dello sfruttamento quotidiano, autogestione delle lotte, rapporto diretto e solidale con i residenti. Infatti la visibilità e il contatto diretto con la popolazione veneziana, senza l’ingombrante e fastidiosa presenza di celerini e caramba che avrebbero per forza di cose condizionato la manifestazione spaventando e allontanando le persone incontrate, erano anche uno degli obiettivi che ci siamo proposti per questa giornata di azione in favore delle occupazioni. Tutto si è svolto come previsto. Quello che segue è il testo del volantino e del manifesto distribuito in città:

Sono passate due settimane da quando, giovedi’ 30 novembre è stata sgomberata la palazzina di Campo Marte alla Giudecca che una decina di persone occupava da tre mesi e mezzo.

Definita “atipica” dalla stampa, perché qualitativamente diversa dalle precedenti esperienze avvenute a Venezia in questo ambito, quell’occupazione era un tentativo di risolvere un problema senza ricorrere alle solite mediazioni e trattative con chi ? il Comune di Venezia, assessorati e altre istituzioni ?

“dell’emergenza casa” ha le maggiori responsabilità. Fin da subito la situazione si fa scottante in quanto si entra in conflitto con l’Azienda leader nel settore dell’edilizia popolare, l’Ater, ed il suo piano di “riqualificazione del territorio” che prevede l’edificazione di moderne strutture residenziali progettate da esperti internazionali. Il sentore di speculazione è forte: case meno peggiori ma prive di spazi comuni interni, slegate dal resto del territorio e soprattutto di un valore economico superiore (aumento degli affitti, immissione nel mercato immobiliare). Tutto ciò giova ai residenti, deportati temporaneamente (?) in zone periferiche in attesa di “un’eventuale ritorno” (questa è l’espressione usata nel documento interno dell’Ente) alla Giudecca? Ristrutturazione urbana, controllo del territorio, espropriazione degli spazi abitativi e sociali, spopolamento: la città di Venezia sta vivendo, forse più di altre città, un progressivo snaturamento della sua funzione primaria, cioè essere abitata, a vantaggio di un’altra funzione, quella del flusso di capitali, creata ad uso e consumo dei suoi padroni: l’industria turistica, le imprese immobiliari, i poteri economici e le fondazioni, le banche, gli affitti da strozzinaggio.

Venezia, la città museo e vetrina, sta perdendo i suoi abitanti, sempre meno numerosi, per fare spazio a una popolazione di spettri ? i turisti ? che la attraversano consumando continuamente merce e desiderandone le sue vestigia. Sta anche qui il problema: questa città sta diventando sempre più difficile da abitare mentre ne è molto più facile il consumo. Nelle nostre città sempre piu marcato è il divario tra chi viene escluso da una vita dignitosa e chi invece continua a prosperare e godere del benessere creato dallo sfruttamento di ogni tipo di risorsa: l’uomo, la natura, lo spazio urbano, il tempo libero.

A questo punto ci sembra inevitabile, da parte degli sfruttati, porre fine a questo continuo spossessamento. Pensiamo che la pratica dell’occupazione di abitazioni sfitte o abbandonate sia una buona soluzione per chi, nella precarietà economica e lavorativa, non può permettersi il “lusso” di vivere con dignità e ha la necessità di soddisfare un bisogno primario: quello di un tetto sopra la testa. Sviluppare rapporti sociali differenti da quelli che ci vengono imposti, costruire solidarietà e complicità con chi deve lottare per la soddisfazione dei propri bisogni, togliere spazio e legittimità’ agli sfruttatori e ai loro complici; queste, e molte altre, possono essere le strade che ci portano ad una riappropriazione di tutto ciò che ci viene tolto e negato. Dunque abitare le case vuote significa delegittimare il ruolo di padroni di casa ed enti pubblici senza scrupoli.

Organizzarsi in modo autonomo e indipendente da partiti politici e associazioni che rappresentano gli interessi della classe dominante è possibile oltre ad essere necessario se si vuole rendere efficace ogni tipo di lotta per una migliore qualita’ della vita.

Non invochiamo concessioni a chi ci ha tolto perché abbiamo una dignità. Non ci scagliamo contro la giustizia perchê ingiusta ma in quanto essa è solo strumento in mano degli speculatori. Non vogliamo impietosire perché la repressione è il destino di chi deraglia dai binari dell’addomesticamento, sia un temibile manipolo di anarchici, una combriccola di immigrati senza documenti, una famiglia senza tetto.

OCCUPA E ABITA LE CASE VUOTE!

ORGANIZZATI NELLA LOTTA!

RESISTI ALLA REPRESSIONE!

CONTRO LA CLASSE DEI PADRONI gli sgomberati