Il clamore che sta accompagnando l’affermazione del M5S è comprensibile, come comprensibile è l’attesa che si sta generando sui comportamenti soprattutto delle sindache elette a Torino e a Roma.
Il netto successo di Virginia Raggi, consigliera invisibile nell’era Marino, è fuori discussione e ha visto il concorso, apportato in modo più o meno chiaro, di tanti mondi. Ora stanno arrivando gli attestati di stima pubblici anche dalle realtà sociali e di movimento, nonché interventi di analisi che propongono un lettura per cui questo dato elettorale rappresenterebbe una “rottura storica”.
Si delinea così un quadro nel quale “sparisce” il 50% di coloro che non si sono recati alle urne a scapito di una visione che consolida ulteriormente il valore del voto e il significato della scelta a favore della proposta grillina.
Tutto questo ha un po’ il sapore di una rinuncia. È vero, forse non moriremo democristiani e nemmeno renziani, ma l’idea che tutto si può ricondurre ad uno spostamento di consensi nel campo elettorale e dell’opinione e non dentro una nuova stagione di conflitto e di rovesciamento dei rapporti di forza, di una capacità collettiva di mettere in discussione un sistema che ha fatto del governo della crisi un micidiale strumento di attacco alle condizioni di vita di miliioni di persone, spaventa un poco e molto incuriosisce.
È chiaro che l’esperienza che si sta producendo con il voto orientato, anche tatticamente, sui 5 stelle indebolisce di molto l’idea che siano le lotte e la mobilitazione il motore di un cambiamento reale, confligge con le possibilità di organizzazione autonoma del conflitto. Lo dicono da un po’ vari osservatori della scena politica italiana, Grillo chiude in un contenitore apparentemente diverso la voglia di riscatto e forse di rivolta di milioni di persone, coagulando e mischiando immaginari e contenuti fra loro opposti.
La rabbia si esprime attraverso un voto? Può essere, ma nello stesso istante si stempera e accetta le regole del gioco. Dov’è la rottura in questo agire?
Questa riflessione non porta a nulla di buono, si dirà in giro. Cosa fare allora, dobbiamo convincere coloro che non votano, segnalando una distanza siderale dalla politica delle urne, ad andare a mettere una croce sui candidati grillini alle prossime elezioni? Limitarci a votare per il no al referendum di ottobre in chiave anti renziana? Alimentare dunque il valore della partecipazione al voto e riprodurre dinamiche di delega che pensavamo superate?Perché regalare milioni di persone che non riconoscono più lo strumento del consenso elettorale a questo destino e convincerli che dentro questa possibilità il loro presente può cambiare? Non è possibile capire oggi cosa c’è nella testa di questo variegato e complesso mondo dell’astensione e non è il caso certo di affermare che sono tutti potenziali rivoltosi, ma capirne le cause e stare tra loro appare decisamente più interessante.
Così come decisivo sarà vigilare sui momenti in cui il M5S manifesterà le sue contraddizioni, tornando magari ad allontanare dalla partecipazione semplicemente elettorale e a respingere nel limbo di una periferia geografica ed esistenziale chi reclama casa e reddito, welfare e tutela dei beni comuni, la possibilità di essere al centro del proprio destino e del futuro del territorio in cui vive.
Bisogna anche sottolineare, poi, come la composizione sociale del non voto non coincide solo con gli aventi diritto. Esiste una buona percentuale di persone che, il voto, non lo possono nemmeno agire come strumento, a causa di leggi ingiuste e vessatorie. Tutti soggetti potenzialmente conflittuali che non hanno altra strada che quella delle lotte per difendersi e conquistare un’esistenza piena e dignitosa, che sempre di più incontrano muri eretti su fondamenta di legalità e merito, valori che oggi vanno tanto di moda e si affermano a scapito di diritti primari sempre più calpestati.
Questo è lo spazio dove ci collocheremo. Del resto anche ciò che fino ad oggi abbiamo strappato non ci è stato consentito né dall’avanzata grillina né da concessioni di governi amici. La spinta di una realtà dove un corpo sociale complesso si fa spazio attraverso lotte e nuovi percorsi di protagonismo. Le scelte tattiche non appartengono a questo flusso in movimento, ora carsico ora in superficie, che dovrà darsi gli strumenti necessari per non farsi cogliere impreparato e dare spessore alle proprie capacità di autorganizzazione. Un corpo sociale autonomo e meticcio, virus e anticorpo in una società dove il controllo e il comando si rigenerano e cambiano volto per continuare a governare il conflitto, a sfruttare e ad affamare territori e vite.
Gli abbagli portano a chiudere gli occhi. Gli occhi vanno tenuti invece sempre aperti per guardare e sfidare il presente di miseria ed ingiustizia dentro il quale vorrebbero rinchiuderci.
Evitiamo di essere complici!
Movimenti per il diritto all’abitare -Roma
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