Partendo dalla necessità di agire nuovamente una capacità di riappropriazione delle nostre vite e di rispondere con decisione ad una controparte aggressivamente arroccata in difesa della rendita, della proprietà privata e della casta, il percorso di Abitare nella Crisi va ridefinito e declinato in modo da saper aggregare una composizione sociale impoverita sempre più vasta e sempre più distante dalle dinamiche elettorali. Non più disponibile ad un consenso consumato da promesse tradite e da una condizione sociale che peggiora giorno dopo giorno.
Andare verso l’autunno praticando materialmente azioni di riappropriazione di casa e reddito -non pensando solo alle occupazioni ma diversificando le pratiche e facendo attenzione a non divenire ammortizzatori sociali nel nostro agire quotidiano, ma piuttosto incubatori e produttori di conflitto- può consentirci di allargare il “social not” al governo Renzi, proseguendo la battaglia contro l’articolo 5 e il cosiddetto “piano casa” del dimissionato ex ministro Lupi, contro gli sfratti, i pignoramenti e la dismissione del patrimonio pubblico.
Per chi ogni giorno lotta contro la precarietà e la cancellazione dei diritti appare chiaro che la scadenza referendaria proposta da Matteo Renzi, intorno alla quale si stanno accapigliando in molti, non può essere un punto d’arrivo, bensì un’occasione, una possibilità di costruzione di una mobilitazione non artificiale, larga, partecipata, conflittuale.
Per alimentare questa opportunità il nostro contributo sarà importante e in qualche modo decisivo, rispetto alla necessità di liberarsi dalle dinamiche di controllo sociale e di ricatto a cui i territori e chi lotta sono sempre più sottoposti. Oramai i poveri e il disagio economico sono considerati un pericolo e le misure di sorveglianza, di restrizione, di riduzione degli spazi di agibilità politica e sindacale sono permanenti e sono destinati ad aumentare. Ritornare insieme a produrre una mobilitazione condivisa, ci appare un buon modo per muoverci verso una scadenza nazionale a ridosso del referendum.
Per questo saremo presenti il 1 ottobre nell’assemblea nazionale che si svolgerà a Roma verso la manifestazione contro il governo Renzi. Lanciamo inoltre dieci giorni di lotta dislocata su tutto il territorio nazionale tra il 31 ottobre e il 9 novembre, ripartendo da una data che nel 2013 vide un grande momento di conflitto in piazza mentre il governo Renzi si apprestava a varare l’infame articolo 5 e un “piano casa” inutile, dannoso e largamente inevaso, ma utilizzato nelle sue parti più vergognose, compreso il finanziamento per Expo 2015.
In questo modo potranno prendere parola e agire in forma indipendente, condivisa e dislocata numerosi territori e molte città, indisponibili a depositare ogni speranza di cambiamento solo nella delega del voto, ma che vedono ipotesi di riscatto solo dentro sane pratiche di conflitto e di riappropriazione. In questo senso condividiamo e moltiplichiamo da subito le mobilitazioni contro il Pd ed un governo che non ha nessuna intenzione di affrontare il disagio non solo degli ultimi, ma anche dei penultimi, dei terzultimi e via dicendo.
Esiste una mappatura di questo crescente malessere? Probabilmente no. Sta a noi evidenziarla, aggregarla, renderla visibile. Nei dieci giorni dal 31 ottobre in poi, nella mobilitazione del “social not” a ridosso del referendum, oltre la scadenza imposta da Renzi e soci, dentro una sollevazione che non si dovrà fermare e che non ripone nell’esito referendario le sue speranze di emancipazione.