Genova: Vico Untoria, No alla riqualificazione

Qualche giorno fa il sindaco di Genova Doria ha fatto un giro per il Centro storico con il prefetto
Musolino per indicargli i punti sensibili della riqualificazione che la sua Giunta vorrebbe finalmente
realizzare dopo le tante chiacchiere, promesse e delusioni degli ultimi anni.
Facciamo un passo indietro, andiamo al 2004, quando Genova era Capitale europea della cultura
e la riqualificazione del Centro storico sembrava imminente, e traiamo alcuni spunti di riflessione
dai frammenti di un articolo dell’epoca sulla zona più “delicata” all’interno di quel progetto, il Ghetto.

VICO UNTORIA
Qui c’era il Ghetto ebraico e ai giudei del 1600 (sefarditi, dunque di origine iberica) pare venisse imposto di
sostare, nelle feste comandate della cristianità, sotto le immagini sacre (madonne, cristi, santi di ogni genere
e categoria) poste nelle nicchie (oggi vuote) di Vico del Campo, Vico Untoria, Piazzetta Fregoso, Vico delle
Cavigliere, Vico dell’Olio, Vico della Croce Bianca, Vico degli Adorno e – insomma – per farla breve, di tutti i
carrugi che stanno a ridosso di Via del Campo.

Sono i carrugi dei travestiti e dei transessuali: in un articolo di giornale leggo “vicoli di prostituzione maschile”
ma la definizione suona improbabile; di maschile (non so, penso ai pasoliniani “ragazzi di vita”) il popolo dei
travesta e dei trans ha poco e se su questo poco vi gusta fare battute, fatti vostri: poco o tanto che sia o
misuri, il belìn che portano tra le gambe è altro dal comune belìn: così come è altro dal clitoride.
[…] Nella città in salita affrontata e sfregiata dalla pianura d’asfalto dell’Expò, dai professionisti che forse un
giorno o l’ altro si insedieranno anche lì, c’è già un piano che prevede il “risanamento” del Ghetto. Ma il
Ghetto non è malato. Non più di Cornigliano, fatta fuori dal fumo e dalla violenza prima dello Stato Padrone
ora del Padrone imprenditore, singolo, con nome e cognome.
[…] Ci sono, sui muri del Centro Storico, manifesti cupi. Manifesti che dicono: I RICCHI A BEGATO, QUI NEI
VICOLI CI STIAMO NOI. Sono cupi perché chi vado a cercare per dire: sono d’accordo, scriviamo al
Sindaco, alla Giunta. Facciamoci vivi sui giornali. Dico cupi, luveghi, e non terroristici o chissacosa. Cupi e
velleitari, parlano solo a chi è già in sintonia, a chi gli dà già – come me – ragione.
Il problema è enorme. I padroni della città vogliono che il Centro Storico diventi un paesotto turistico come
Arenzano, Taormina, Bonifacio, Camogli. Ergo: deportazione degli impresentabili nei quartieri-dormitorio
collinari: Begato, Biscione, Lavatrici, Cep. Dove vivono, dagli anni ’70, pugliesi, calabresi, lucani, siciliani,
napoletani sottoccupati, quando andava e va male, operai e muratori o qualche pizzaiolo quando va bene.
Ma bene davvero.
Però, dice Mara, “nel Ghetto abbiamo comprato tutti, ognuna è padrona, proprietaria del suo localino, del
basso”. Così i padroni della città dovranno pagare per metterci sopra le mani, i pellerossa se ne andranno
ma risarciti, questa volta. Ed è già molto. Però, sì, certo. Se non mollassero? Se rimanessero?
Gianni Priano, Genova 2004. Lucciole, lanterne e capitale
http://www.ilportoritrovato.net/html/giannipriano22.html
Sono passati otto anni da quel 2004 e il progetto di riqualificazione del Centro storico è avanzato;
come dimostra la zona di San Lorenzo e vie limitrofe, riqualificare un quartiere non significa
renderlo più vivibile per chi da sempre ci risiede – ovvero, in questo caso, tanti poveri, immigrati e
“irregolari” – ma renderlo una residenza appetibile per i benestanti e un salotto accogliente per i
turisti. La conseguenza è l’espulsione “dolce” dei suoi abitanti storici verso periferie lontane e
spesso invivibili.
Il bando, chiuso nei giorni scorsi, con cui il Comune vuole assegnare, nel Ghetto, il palazzo di Vico
Untoria 3 a “giovani coppie” è l’ennesimo tassello di questo complesso progetto. Il bando,
falsamente spacciato come “sociale”, ha una chiara volontà di “imborghesire” (gentrificare) questo
quadrilatero di vicoli: i 410 euro di affitto e tutte le altre caratteristiche richieste dal bando per
accedere agli alloggi – un reddito fisso e non certo da poveri (tra i 18000 e i 32000 euro a nucleo
familiare) in primis – escludono non solo i più bisognosi ma anche la gran parte delle persone.
E’ chiaro che i padroni della città vogliono insediare nei vicoli chi già sta bene e dare un’altra
immagine del quartiere. Poco più di un mese fa abbiamo occupato quel palazzo per abitarci e per
contrastare questo progetto.
Otto anni dopo quei manifesti che alcuni di noi affissero sui muri dei vicoli e a cui fa cenno
l’estensore dell’articolo, I RICCHI A BEGATO, NEI VICOLI CI STIAMO NOI è diventato un opuscolo
(passate a prendervelo!) con cui abbiamo voluto squarciare quel velo di autoreferenzialità e
velleitarietà, per rendere evidenti e poter contrastare assieme, in tanti, le trame del potere sulla
città e sulle nostre vite in questi tempi… questi sì oltremodo cupi e luveghi.
Il potere regna anche attraverso il monopolio del linguaggio e del senso delle parole. Diventa allora
fondamentale decifrare e decostruire la retorica sulla riqualificazione, il degrado, il decoro delle
città con cui veniamo bombardati e manipolati tutti i giorni. Cosa degrada e cosa riqualifica
veramente le nostre vite? Le merci e il denaro dei negozi, il consumo coatto nei locali della movida,
la noia e lo sguardo spento dei turisti, l’alienazione dei centri commerciali, la cultura di plastica dei
grandi “eventi” organizzati dall’alto: tutto ciò di cui vorrebbero riempire queste vie noi non abbiamo
dubbi che sarà, per noi, fonte di degrado materiale e spirituale.
Quello che invece loro chiamano degrado (microcriminalità, spaccio, ecc.) lo si può risolvere
soltanto affrontandone assieme, dal basso, le cause, e non delegandone la repressione alle “forze
dell’ordine”, che mai andranno a cercare i veri gestori della grande criminalità nei quartieri ricchi
dove vivono e da dove muovono i fili dei loro affari.
Laddove la loro riqualificazione ha avuto successo – ovvero in tutte le città medie del Nord Italia e
in alcune più grandi come Firenze e Bologna –, i centri storici sono diventati materialmente invivibili
per tutti i poveri e le persone che non rientrano nei canoni della “normalità”. Per ottenere ciò, i
sindaci di queste città si sono associati attraverso un patto (la Carta di Parma, firmata nel 2008)
che ha chiesto e ottenuto dal Ministero dell’Interno (allora il leghista Maroni) poteri speciali sul tema
della sicurezza, agitandone lo spauracchio per poi nei fatti criminalizzare e bandire forme di vita e
comportamenti banali che hanno l’unica “colpa” di non servire il regno e l’immagine della merce:
così in queste città non si può più sedersi sui gradini di un palazzo e chiacchierare, mangiare un
panino senza consumare nei locali, bere una birra per strada, giocare a palla in una piazza,
dormire su una panchina; e il passaggio/messaggio che vogliono far passare, tra il non decoroso e
il criminale, è assai breve…
Piazze e strade non sono più pubbliche, ovvero di tutti: la città è morta, nei loro piani.
La riqualificazione crea ovunque delle zone urbane anonime che garantiscono affari ai grandi
commercianti e speculatori e impediscono la vita a tutti gli altri. Ovviamente a presidiare questo
mondo di plastica, a garantire che nulla possa turbare la sua quiete mortifera, plotoni di poliziotti e
vigili urbani (gli alpini addirittura grazie sempre a Maroni), nonché ovviamente telecamere e altri
dispositivi di sicurezza; a Genova il G8 ci ha lasciato in eredità la “moda” dei cancelli a chiudere e
rendere inaccessibili decine di vicoli che, non ospitando negozi, risultano “inutili” e quindi
pericolosi… perché perdersi, giocare con lo spazio, abbandonarsi all’esplorazione devono essere
proibiti in un mondo in cui l’immaginazione, l’immaginario e tutto ciò che li stimola, sono sovversivi
e quindi una minaccia.
Caro sindaco, caro prefetto, cari mandanti di questi vostri burattini, visto che questa è la vostra
riqualificazione non abbiamo paura a dire che noi siamo contro di essa e che contro di essa
lotteremo. Ci chiameranno untori del degrado per questo, ma poco importa, da sempre chi non si
rassegna a subire docilmente i piani decisi dall’alto viene bollato come criminale, teppista,
appestatore. Speriamo di essere in tanti a ricacciargli in gola la loro retorica.
Oggi il Comune, tramite la voce dei giornali locali, ci fa sapere che noi da Vico Untoria, come tanti
altri occupanti “abusivi” di case pubbliche in giro per la città, ce ne dobbiamo andare in breve, e
che nel caso non decidessimo di sloggiare di nostra spontanea volontà, “la palla passerà alla
Questura”. Nessuna novità o stupore, avremo l’ennesima dimostrazione di qual è il ruolo della
polizia in questo mondo, qual è l’Ordine di cui rappresentano le “forze”. D’altronde cosa c’è di più
esplicativo della mafia che ci spacciano per “progresso” del fatto che i soldi per la ristrutturazione
del palazzo di Vico Untoria (e del Ghetto più in generale) li ha messi il Ministero dei Trasporti e
delle Infrastrutture, lo stesso che ha deciso che il TAV, il Terzo Valico, la Gronda sono opere
irrinunciabili? E cosa c’è di più esplicativo della natura del potere e delle istituzioni come strutture di
quella stessa mafia, se lo stesso sindaco di Genova afferma candidamente che da cittadino
sarebbe contro la Gronda stessa, ma che in quanto sindaco non può che essere favorevole?
Che ci mandino pure la celere nel Ghetto il sindaco Doria e la Questura; noi da qui non ci
muoviamo e in ogni caso continueremo a tenerci ancorati a questi vicoli stretti e belli, perché, come
dicono ad altre latitudini, la passione per la libertà è più forte di ogni autorità.
Vico Untoria 3
vicoli_notav [at] autistici [dot] org” target=”_blank”>vicoli_notav [at] autistici [dot] org