Questa mattina a Roma, mentre il papa apriva la Porta Santa per il Giubileo della misericordia, i movimenti per il diritto all’abitare sono entrati in via Prenestina 1391, in un complesso edilizio dei padri monfortani occupando due stabili inutilizzati da anni.
Centinaia di persone provenienti dalle occupazioni hanno solidarizzato con le 170 famiglie e singoli senza casa che da oggi hanno un tetto sulla testa. Questa iniziativa, nella settimana di mobilitazione della rete “Abitare nella crisi” che ha visto occupazioni a Torino, Bologna e Firenze, ha voluto rompere un clima di paura dentro una città blindata ma per niente pacificata.
Negli ultimi giorni prefettura e questura hanno intensificato controlli, intimidazioni e identificazioni nei centri d’accoglienza e nelle occupazioni romane utilizzando l’emergenza terrorismo per aumentare il controllo e il contrasto contro le lotte e il disagio sociale.
La riappropriazione di questa mattina è anche un segnale di indisponibilità a chi chiede di rinunciare ai diritti primari, agli scioperi e alle manifestazioni, in nome di una pace sociale difficilmente sostenibile. Di quale pace possiamo parlare quando l’articolo 5 nega il diritto alla residenza, alla luce e all’acqua, quando gli sfratti continuano senza interruzione, quando gli sgomberi vengono minacciati continuamente per chi ha occupato per necessità? Quando sono i poveri ad essere considerati un pericolo e quindi da contrastare e controllare, anche il giubileo della misericordia diventa una contraddizione evidente e poco accettabile.
Dopo una pressione immediata da parte delle forze dell’ordine, arrivate con numerosi blindati, si è avviata una trattativa anche con i padri monfortani della diocesi di Roma. Per circa quattro ore è andato avanti un braccio di ferro che si è concluso con la decisione da parte della questura di ritirare per il momento gli uomini e i mezzi.
Intanto, mentre era in corso la trattativa, si è consentito agli abitanti del quartiere Colle Monfortani di entrare liberamente per assistere alla messa nella chiesa che si trova nel complesso occupato. Al termine della celebrazione, un occupante ha preso la parola spiegando ai presenti il senso dell’iniziativa e la condizione di necessità che ha spinto centinaia di persone al gesto dell’occupazione.
Un’iniziativa che rappresenta anche la risposta all’ignavia e al silenzio delle amministrazioni locali e del governo Renzi rispetto alla questione abitativa, che invece di essere affrontata con un blocco degli sfratti e con risorse e politiche pubbliche trova risposte criminalizzanti come l’articolo 5 o demagogiche come il bonus per l’affitto.
Insieme sfrattati, senza casa e abitanti dei residence hanno voluto dare una risposta forte e decisa. La casa non può essere una questione di ordine pubblico!
Blocchiamo gli sfratti, apriamo le porte al diritto all’abitare!